9 Maggio 2007
Morte in tv
A 18 anni un ragazzo ha già assistito a 200.000 omicidi televisivi. E’ venuto su bene. Dove c’è abbondanza di armi, come negli Stati Uniti, non ci pensa su due volte. E fa la sua piccola strage. In altri casi, come in Europa, i morti ammazzati non lo turbano più. Da adulto può averne la sua dose quotidiana dai media senza traumi.Il buono di una volta non uccideva mai, oggi uccide per dimostrare di essere buono. L’epicentro della cultura della morte televisiva è Hollywood. Non è un discorso anti americano, ma solo una constatazione. Confrontate un poliziesco francese o italiano con uno a stelle e strisce e fate la contabilità dei defunti.Se vediamo un ferito per strada per un incidente copriamo gli occhi al nostro bambino. Poi a casa deleghiamo alla televisionebabysitter. Il bambino va in camera sua a guardare Hannibal Lecter che divora un cervello.La visione della violenza, ormai a ogni ora del giorno, non può che produrre violenza. Questo può star bene alla NRA, la società di armi che ha eletto Bush, ma non ai genitori.Io sto perdendo la mia battaglia con i figli più piccoli. Sanno meglio di me come si uccide un uomo con un colpo di taglio sotto il mento. O come si impicca. O come si tortura o si annega o si mitraglia. Hanno visto più sangue loro del primario dell’ospedale di Genova. Proibire ai bambini di guardare la televisione è tempo perso. Un papà non riesce a essere più cattivo di un telefilm.L’uso della violenza è il rifugio della mancanza di idee. Al posto di un bel culo nudo, proibito nella fascia serale, c’è una pallottola in mezzo alla fronte. All’inizio dei film metterei il numero di assassini, che so 58, 231. Uno si sa regolare. E nei titoli di coda, accanto agli interpreti, le causa del decesso. Per completezza di informazione.Da un po’ di tempo la morte televisiva mi dà la nausea. Spero che sia una nausea contagiosa. La violenza è l’ultima risorsa dei criminali e dei produttori cinematografici. Apriamo la porta di casa e usciamo fuori a giocare con i nostri figli.
Morte in tv
A 18 anni un ragazzo ha già assistito a 200.000 omicidi televisivi. E’ venuto su bene. Dove c’è abbondanza di armi, come negli Stati Uniti, non ci pensa su due volte. E fa la sua piccola strage. In altri casi, come in Europa, i morti ammazzati non lo turbano più. Da adulto può averne la sua dose quotidiana dai media senza traumi.Il buono di una volta non uccideva mai, oggi uccide per dimostrare di essere buono. L’epicentro della cultura della morte televisiva è Hollywood. Non è un discorso anti americano, ma solo una constatazione. Confrontate un poliziesco francese o italiano con uno a stelle e strisce e fate la contabilità dei defunti.Se vediamo un ferito per strada per un incidente copriamo gli occhi al nostro bambino. Poi a casa deleghiamo alla televisionebabysitter. Il bambino va in camera sua a guardare Hannibal Lecter che divora un cervello.La visione della violenza, ormai a ogni ora del giorno, non può che produrre violenza. Questo può star bene alla NRA, la società di armi che ha eletto Bush, ma non ai genitori.Io sto perdendo la mia battaglia con i figli più piccoli. Sanno meglio di me come si uccide un uomo con un colpo di taglio sotto il mento. O come si impicca. O come si tortura o si annega o si mitraglia. Hanno visto più sangue loro del primario dell’ospedale di Genova. Proibire ai bambini di guardare la televisione è tempo perso. Un papà non riesce a essere più cattivo di un telefilm.L’uso della violenza è il rifugio della mancanza di idee. Al posto di un bel culo nudo, proibito nella fascia serale, c’è una pallottola in mezzo alla fronte. All’inizio dei film metterei il numero di assassini, che so 58, 231. Uno si sa regolare. E nei titoli di coda, accanto agli interpreti, le causa del decesso. Per completezza di informazione.Da un po’ di tempo la morte televisiva mi dà la nausea. Spero che sia una nausea contagiosa. La violenza è l’ultima risorsa dei criminali e dei produttori cinematografici. Apriamo la porta di casa e usciamo fuori a giocare con i nostri figli.
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